07/07/09

LE OSSESIONI DI J.G. BALLARD

LO SCRITTORE MARTIN AMIS RICORDA L’AMICO E COLLEGA SCOMPARSO: J. G. BALLARD

"Era assediato da fantasie belliche e tecnologiche, ma la sua villetta e una Ford rossa lo rendevano felice".

Il mio primo incontro con J. G. Ballard risale agli an ni dell’adolescenza. Era amico di mio padre e fu mio padre a incoraggiarlo ai suoi esordi letterari, definendo lo «l’astro della fantascienza post-bellica». Ballard era un uo mo affascinante, con un viso pieno ed espressivo e uno sguardo intenso, e parlava in tono graffian te accentuato da marcate cadenze, ma non di sar casmo si trattava, bensì di fervore. L’amicizia tra i due non sopravvisse all’interesse crescente di Ballard per lo sperimentalismo, che mio padre defi niva un modo per «rincoglionire il lettore». Tut tavia, il piacere di incontrare Jim in seguito non venne mai meno. Era un uomo di eccezionale simpatia e affabilità, nonostante l’incredibile biz zarria della sua immaginazione.
Immaginazione che era stata plasmata dalle esperienze belliche a Shanghai, quando fu inter nato in un campo di prigionia giapponese. Al l’epoca aveva tredici anni e si adattò alla vita del campo come «a una gigantesca famiglia di strac cioni ». Alla sua formazione non contribuì unica­mente la vita di prigionia, bensì soprattutto lo scarso valore attribuito alla vita umana, di cui vi de testimonianze in tutta la sua infanzia. Mi rac contò di aver assistito, a cinque metri di distan za, al massacro di alcuni cinesi a bastonate, e ogni mattina, quando veniva condotto a scuola in una limousine americana, vedeva le strade riempirsi di nuovi cadaveri. Poi arrivarono i giap ponesi. Diceva Ballard: «I popoli democratici non hanno idea della quotidiana brutalità che re gna in alcuni Paesi orientali. No, non ne hanno la più pallida idea. E forse è meglio così».
È interessante notare che i suoi due romanzi più famosi siano stati entrambi trasformati in film: L’impero del sole, da Steven Spielberg (un artista fondamentalmente ottimista, che non ha però mai paura di affrontare i lati più oscuri delle tematiche storiche), e Crash, da David Cronen berg (un regista assai più tenebroso, specializza to nel realizzare film dalle opere che meno si pre stano alla trasposizione cinematografica). Crash è il romanzo più tipico della produzione di Bal lard, permeato dall’ossessione pornografica per le vittime degli incidenti stradali. Questo ci ricor da che la parola «ossessione» deriva dal latino «obsidere», che significa «assediare». E Ballard era assediato dalle sue ossessioni. Scenario e at mosfera per lui si equivalevano. Era scarso il suo interesse per gli esseri umani nel senso conven zionale (e scarsissimo il suo orecchio per i dialo ghi): per lui tutto passava inesorabilmente, spie tatamente, attraverso lo sguardo.
L’impero del sole — il suo più grande successo — apparve quasi un insulto per i fedeli ammirato ri. Il romanzo, estremamente realistico, malgra do l’ambientazione e le vicende bizzarre, sembra va voler tradire il culto di cui era oggetto l’autore. I suoi fan capirono che l’«Impero» (così lo chia mava lo scrittore) svelava i condizionamenti e le deformazioni cui era stata sottoposta l’immagina zione di Ballard: in un certo senso, il libro era la spiegazione naturalistica della sua genesi. Per gli ammiratori (per quanto illogica la loro delusio ne), era come uno stregone che sveli i trucchi del la sua magia.

Ballard aveva esordito come scrittore di fanta scienza duro e puro. I suoi primissimi racconti, su tematiche correnti come la sovrappopolazio ne, il degrado sociale e via dicendo, sono tra i mi gliori del genere. Ma il genere non gli bastava. Seguirono quattro romanzi apocalittici — Vento dal nulla (1961), Il mondo sommerso (1962), Terra bruciata (1964), Foresta di cristallo (1966) — nei quali il mondo viene distrutto da vento, acqua, fuoco e mineralizzazione. Poi giunse il suo perio do violento, con La mostra delle atrocità, nel 1969. Due racconti danno il tono all’intera raccol ta: Il lifting della principessa Margaret e Ecco per ché voglio fottere Ronald Reagan. La fase cemen to- e-acciaio si prolunga con Crash (1973), L’isola di cemento (1974) e Il condominio (1975). Il perio do successivo è racchiuso in un altro titolo: Mito logia del futuro prossimo (1982). Lavorava ancora in quest’ultimo ambito quando è sopraggiunta la morte (fanno eccezione le commoventi memo rie, I miracoli della vita, pubblicate lo scorso an no). Gli ultimi romanzi — tra cui Cocaine Nights e Super Cannes — trattano dell’attivismo violen to delle multinazionali e delle élite privilegiate in un futuro prossimo di stampo assai diverso.
In questi ultimi romanzi Ballard fa sfoggio di tutte le sue intuizioni sciamaniche. Si chiedeva: quale effetto ha l’ambientazione moderna sulla nostra psiche — il flusso ininterrotto delle auto strade, l’architettura degli aeroporti, la cultura dei centri commerciali, la pornografia e la tecno­logia? La risposta alla domanda punta verso una perversione che assume le più svariate forme mentali, tutte estreme. Quando si staccò dalla fantascienza, Ballard disse che respingeva lo spa zio cosmico a favore dello «spazio interno». E questo è rimasto il suo campo di indagine. Bal lard sarà ricordato come il più originale scrittore inglese dell’ultimo secolo. Diceva che gli scrittori erano «squadre di un’unica persona» che aveva no bisogno dell’incoraggiamento della folla (ov vero dei lettori). Ma sarà ricordato anche come unico nel suo genere: nessuno infatti gli assomi glia, neppur lontanamente. È stato un’eccezione. Pochissimi ballardiani (quasi esclusivamente di sesso maschile) hanno commesso la follia di ten tare di emularlo. Ballard è inimitabile. Ha eserci tato però una notevole influenza per la meravi gliosa scioltezza della prosa e le improvvise, stra ordinarie espansioni delle immagini.
Ballard era un convinto sostenitore dell’etica flaubertiana, e cioè che gli scrittori devono im porre ordine e regolarità alla loro vita, per poter essere scatenati e sinistri nella loro opera. Viveva in una villetta bifamiliare a Shepperton, con una Ford Escort rosso pomodoro nel parcheggio adia­cente al giardino. Per scrivere un profilo su di lui, nel 1984, mi presentai a casa sua alle 11 del matti no e le sue prime parole furono «Whisky! Gin! Vodka!». Mi raccontò che lo venivano a trovare dei «fan di Crash », mettiamo dalla Sorbonne, e si aspettavano di vederlo emergere da un mia sma di acido lisergico e pedopornografico. E inve ce si trovavano davanti un signore gioviale, felice e soddisfatto di abitare in periferia. Nel 1964, du rante una vacanza, la moglie Mary morì improvvi samente e Ballard si ritrovò ad allevare da solo i loro tre bambini. Mi rivelò che all’inizio, per far lo, aveva bisogno di mandar giù un whisky ogni ora, dalle nove del mattino in poi. E gli ci volle molto tempo per riuscire a spostare il drink do po le sei di sera. Gli chiesi se era stato difficile, e mi rispose: «Difficile? Come la battaglia di Stalin grado ». Ma tutto lasciava intendere che era sem pre stato un padre attento e amoroso.
L’ultima volta che ho visto Ballard, tre o quat tro anni fa, ero in compagnia di mia moglie, con Will Self e Deborah Orr. Abbiamo cenato insie me, c’era anche la sua compagna degli ultimi qua­rant’anni, Claire Walsh. Nel ristorante mi confes sò che gli restavano «un paio d’anni di vita». Me lo disse con il suo coraggio istintivo, ma senza riuscire a nascondere la profonda tristezza di un uomo che amava la vita con tanta passione.

Martin Amis
(Traduzione di Rita Baldassarre-Corriere della Sera)

Nessun commento: